LE CENTO CITTÀ - INTRA

INTRA




Le prime memorie di Intra, pubblicate dal dottor Vincenzo De-Vit nel 77, erano scritte in una pergamena dell'anno 916, dalla quale si venne a conoscere che due fratelli germani Ribaldo  e Landoso o Landolfo figli di Amellogo o Camellongo, i quali vivevano secondo la legge dei Longobardi ed abitavano in loco Turbaxis, offrono alla Pieve di San Vittore d'Intra, in suffragio delle anime loro e di quella del padre, una pezza di terra situata nel detto luogo di Trobaso e vicina alla chiesa di San Pietro. Lo strumento si dice rogato da Adelardo notaio e giudice del sacro palazzo.
In questa carta Intra in latino è chiamata Intrum, e questa è la forma secondo la quale il suo nome viene sempre indicato nelle antiche carte La forma recente Intra non gli è data che molto più tardi, al più presto nel secolo XIII: rimanendo tuttavia in uso anche la prima finché da ultimo Intra venne a sostituirsi ad Intro in modo definitivo e costante.
È opinione degli scrittori delle cose del lago Maggiore che Intro sia stato così chiamato perché posto fra i due torrenti di San Giovanni (al nord) e di San Bernardino (al sud) e fra le due colline attualmente chiamate: Motto e Castagnola. Tuttavia quando si osservi che la parte più antica e popolata di detto luogo dovette essere molto più entro terra, che non di presente, non è improbabile che sia concorsa anche questa sua posizione interiore alla forma primitiva del suo nome.
Scendendo a tempi meno antichi, noi troviamo l'Intra commerciale e di questa si conserva sulle Alpi in territorio di Vignone un maestoso monumento - la Cà dei Muli -. In allora la vita intrese volgevasi al traffico dal mare Ligure alla Svizzera. Narrasi che la casa Simonetta antica proprietaria della Cà dei Muli, possedesse oltre 400 muli consacrati al trasporto delle merci dal territorio della Repubblica di Genova alla Svizzera ed alla Germania. Il lago aiutava detto commercio e già fin d'allora questa era la via che più tardi il Cattaneo - propugnando il traforo del Sempione - chiamò la via delle genti. In quei tempi felici prosperavano anche i contrabbandieri ed i pirati e si rannoda a quest'epoca la storia dei ladroni dei Castelli di Cannero.
Progredendo col tempo, distrutti i boschi, nacque la vita industriale e s'ebbe il lungo periodo della Sbianca la quale poi fu abbandonata alla scoperta del cloro e sue applicazioni.
Avendo la scoperta del cloro minato la grande industria della Sbianca (per le tele), la provvidenza mandò qui Gian Giacomo Müller  il quale con improbo lavoro iniziò la filatura meccanica del cotone. In via Pietro Ceretti i curiosi possono ammirare la lapide che i tardi ed arricchiti nipoti posero a ricordo della prima filatura italiana.
L'industria del cotone, che in quei beati tempi rendeva il cento per cento, in breve crebbe gigante e distrusse tante altre piccole industrie, cioè seghe, molini, magli di ferro, di rame, d'oro, che meno riempivano la borsa dei proprietari. Per lungo volger d'anni la valle Intrasca ebbe titolo di Manchester del Piemonte: ed a questa rigogliosa vita presero parte famiglie nostrane e forestiere che con pari volontà e costanza contribuirono al rapido miglioramento di questa regione.
A fianco dell'industria cotoniera un'altra gradatamente si svolse, ed oggi conta assai, l'industria cappellaria la quale per molti anni fornì cappelli a tutta Italia, non solo ma tentò con profitto i mercati esteri sui quali tuttora grandemente lavora. Nell'Intra moderna si dovrebbe parlare delle vicende politiche del 48; delle battaglie dei pertighitt, ossia dello storico combattimento di Murazzone così glorioso pei soldati popolani sotto il comando di Garibaldi, al quale combattimento col generale garibaldino Cicco Simonetta presero parte molti altri intresi fra cui ricordiamo Carlo Franzosini di Santa Maria, detto Stanghetto, il quale poi morì nel nostro ospedale. Si dovrebbe parlare altresì della fraterna accoglienza ed ospitalità data agli emigrati - del lavorìo continuo di congiure - della difesa nel 59 contro i piroscafi Austriaci - della famosa spedizione degli argonauti Intresi capitanati da Nino Bixio - dell'occupazione dei forti di Laveno fatta da questa Guardia Nazionale - della lunga lapide dei caduti nelle patrie battaglie - del tiro a segno inaugurato da Garibaldi nel giugno 1862, ecc., ecc., ma il letto di Procuste  del giornale non ci permette di estenderci in descrizioni particolareggiate come ben si meriterebbero i fatti cotanto gloriosi.
E adesso che abbiamo tratteggiato pochi cenni della storia intrese, diremo brevemente del commercio, delle industrie, degli uomini benemeriti ed illustri.
Scrisse bene il Boniforti, dal quale in questi appunti molto ricaviamo: «Se Pallanza è la capitale giuridica, Intra è la città più ricca, più popolata (6500 abitanti) e più industre di tutto il lago; chi non ha sentito parlare di Intra come della nostra Manchester?».
Basta dire che vi lavorano attivamente dieci grandiosi stabilimenti per la filatura del cotone, con circa 100,000 fusi e quattrocento telai meccanici; quattro stabilimenti serici; diciassette grosse fabbriche di cappelli di feltro; cinque fonderie ed officine meccaniche; cinque stamperie e tintorie di cotone; sette concerie di pelli; quattro seghe idrauliche di legnami, una grande fabbrica di vetri, quattro fabbriche di chiodi e magli di ferro, due cartiere, quattro fabbriche di tele d'imballaggio e cordami, due litografie e due tipografie.
Che se vi aggiungiamo il lavoro e la produzione di più altre industrie e fabbriche di ceramica, di nastri, d'orificeria, di cardi metallici, di cappelli di paglia, ecc., non si potrà di molto errare valutando il complessivo movimento della sua produzione industriale in 300,000 quintali di merci, con 6000 operai ed un valore approssimativo di circa 30 milioni di lire all'anno.
Indomita volontà al lavoro, savio e patriottico spirito di associazione e di civile progresso, formano il carattere, la fortuna e l'onore di questo popolo. Lo comprovano ampiamente i molti e diversi consorzi che vi hanno sede quali la Società generale degli operai con circa 800 inscritti, ed un patrimonio di oltre 100 mila lire, la Società fraterna, e le parziali dei cappellai, dei vetrai, dei meccanici, dei tessitori e braccianti; la Sezione Verbano del Club Alpino Italiano, numerosa di 170 membri, e tanto benemerita per istudi e lavori d'imboschimento, la Società dei reduci, dei veterani, e le filarmoniche con scuole di canto popolare, la Società democratica, quella filodrammatica, Massimo d'Azeglio, ed un Corpo dei pompieri assai bene ordinato. Inoltre la Società del tiro mandamentale, della scherma e ginnastica, il Circolo del Commercio e quello degli Operai di recente fondazione.
Frutto di tale importanza d'industrie e di tanto spirito di associazione sono le opere di nuova edilizia, per cui il paese in pochi anni è andato di gran lunga abbellendo il suo aspetto. Quale vantaggiosa impressione per verità, non deve riceverne il forestiero che giunge in vista di questo ampio e comodo porto, pieno sempre di mercanzie e di grosse navi, protetto da maestosa tettoia e da splendido faro con di fronte un elevato ordine di palazzi e case che fittamente si prolungano fra due spettacolose valli e due cospicui ponti da quello in granito sul fiume San Bernardino, fin oltre gli ultimi argini del nuovo ponte in ferro sul fiume San Giovanni!
Fra i pubblici edifizi sono degni di menzione: il TEATRO, che è il migliore di tutto il lago, costrutto nel 1844 a spese di una società di patrioti; il COLLEGIO CONVITTO con scuole elementari, tecniche, ginnasiali e di perfezionamento di lingue e commercio; un ASILO D'INFANZIA veramente modello ove si ricoverano più di 600 bambini; le SCUOLE ELEMENTARI di apposita recentissima costruzione, tanto maschili che femminili. Si aggiungono scuole serali e festive per adulti ed innanzitutto lo splendido ISTITUTO D'ARTI E MESTIERI, fondato dal cav. Lorenzo Cobianchi, coll'annua rendita di lire diecimila, accresciuta da altre donazioni. Di questo istituto sono benemeriti anche il fu ing. G. Imperatori e segnatamente la nobildonna Luigia-Brielli, vedova del fondatore, la quale anticipò del proprio la suddetta somma, e fecevi edificare a tutte sue spese il relativo stabilimento.
Notiamo a parte il grandioso OSPEDALE a cui diede principio l'OPERA PIA BAIETTINI con un lascito di centomila lire alle quali poi si aggiunsero altre importanti e continuate donazioni e principalissima quella di VITTORE RIGOLA, che al lascito Baiettini unì una doppia somma, cioè duecentomila lire.
Notevoli edifizi sono altresì: la TORRE CAMPANILE ultimata nel 1877, colossale architettura che si innalza a 54 metri dal suolo e finisce in lucente cupola sostenuta da otto massicce colonne di granito. Costò lire 180 mila quasi interamente fornite dall'obolo del popolo; la CHIESA COLLEGIATA di San Vittore, vastissima architettura a cui venne ultimamente sovrapposta l'elegante cupola. La chiesa ha forma di croce latina con 10 cappelle, oltre al primo grande altare. Misura oltre 70 metri di lunghezza per 10 di larghezza; ed è nella fronte esteriore abbellita da grandioso pronao, classico disegno dell'abate Zanoia; il TEMPIO EVANGELICO, appena ultimato, di bella, ricca caratteristica e severa architettura che serve ad una numerosa colonia svizzera-tedesca di rito protestante, qui stabilita da lunghi anni.
Fra i monumenti che gli Intresi eressero agli uomini gloriosi: uno sta eretto sulla piazza dell'Ospedale a Lorenzo Restellini, già professore di scienza anatomica nell'Università di Torino; altro sulla piazza del porto al generoso patriota, colonnello F. Simonetta. Sulla stessa piazza vennero ultimamente inaugurati con grande entusiasmo e memorabile premura i monumenti di Giuseppe Garibaldi e di Vittorio Emanuele II, situato quest'ultimo più propriamente sulla piazza del Teatro; il primo in marmo è opera dello scultore A. Viotti, il secondo in bronzo, lavoro dell'artista cav. Barraglia.
Illustri cittadini intresi, oltre ai già nominati: Francesco Simonetta, patriota che molto pagò di borsa e di persona e chiuse la sua carriera quale gnerale garibaldino e coprì per più anni la carica di deputato - Francesco Cobianchi pure deputato ed insigne benefattore - Lorenzo Restellini  grande patriota, distinto medico e professore, noteremo ancora il dott. Giovanni De Lorenzi insigne professore e deputato - monsignor Pietro Scavini rinomato teologo ed ex deputato dell'Ossola al tempo dell'infornata canonicale - Giuseppe Denotaris illustre botanico, chiamato all'onore d'insegnare a Roma e fatto poi senatore; Pietro Ceretti filosofo e poeta lodatissimo, al quale un gruppo di ammiratori innalzerà quanto prima uno splendido monumento; il dott. De-Luigi; il pittore Daniele Ranzoni e lo scultore Simonetta che fu professore all'Accademia Albertina e che morendo beneficò moltissimo il luogo di Cambiasca suo paese natìo.
Ville e gite
Prima di tutte le ville va annoverata la FRANZOSINI giustamente chiamata la regina delle ville del lago. In origine tenuta dal celebre e sventurato ministro Prina, fu già delizia del conte Giuseppe Poniatoski che ne riedificò la casa e diede all'immenso giardino più splendida forma. Passò quindi in proprietà del deputato Carlo Franzosini che pure l'abbellì spendendovi qualche centinaio di mille lire ed attualmente ne è padrone il conte A. Barbò milanese. Poi la VILLA ADA ora di proprietà della signora Ceriana-Rocca, sorse per cura e dispendio del principe Troubetzkoy il quale ha saputo ridurre tanta parte d'informe e sterile roccia in uno splendido Eden di piante e fiori, i più rari e d'ogni clima.
Fra le altre ville notiamo quelle: dell'avv. Francesco Franzosini, del sig. Francioli, dei signori Pariani, del Simonetta e molte altre ancora di minor conto.
Prima e principalissima delle gite alpine che maggiormente incontrano il favore dei forastieri è certamente quella al paese di Premeno, comune di 270 abitanti, in elevata collina a metri 808 ed a cirdca due ore da Intra. È ricco di bei casini e signorili abitazioni fra le quali distinguonsi le due ville Frova e le più recenti Marsaglia e Cappa oltre a molti e graziosi châlets e al vistoso palazzo Perelli. Vi si ascende per strada sempre carrozzabile, attraversando i giocondi paeselli di Antoliva, Cresseglio, Arizzano e Bée tutti splendidissimi luoghi di villeggiatura.
Da Premeno poi si può facilmente salire più in alto, al Sasso Corbi (1072 m.) od alla Motta di San Salvatore, dove la natura è più fresca e balsamica, con prospettive più svariate e spettacolose.
Altra comunissima passeggiata si è quella da Intra a Miazzina grazioso soggiorno affollatissimo di villeggianti durante la bella stagione ed anche qui vi si ascende per comodissima strada sempre carrozzabile.
Fra le gite di maggiore entità e veramente alpine, ci piace annoverare il Pizzo Marone (2056 m.) e il Monte Zeda la più alta cima dei dintorni (2157 m.), alle quali alture si ascende per strade punto pericolose, passando e pernottando nei ricoveri che la diligenza di questa Sezione del Club Alpino Italiano ha fatto costruire sparsi per la montagna a diverse lontananze per maggiormente invogliare i forastieri alla visita di queste pittoresche alture dalle quali, come se si guardasse in un mare infinito, si scorgono a volo d'uccello le pianure del basso Novarese e della Lombardia, senza parlare della lunga catena delle Alpi, degli eterni ghiacciai, delle valli, dei torrenti, dei diversi laghi, il che tutto appare dinanzi alla vista come dipinto in un solo mirabile quadro.Quali località storiche dei dintorni sono da considerarsi: il Ponte Romano di Santino, Rovegro che è creduta antica colonia Romana (in questo paesello abita certa Maria Bottini cui mancano 70 grammi di cervello perduto nei burroni e vive e sta benissimo dopo quindici anni dalla disgrazia toccatele  qui torna in mente il Carlin della Canetta l'uomo privo di laringe ma che pure vive da 17 anni nel luogo di Miazzina); il Bosco Roma sulla vetta del Monte Cimolo salutato da Quintino Sella e il Bosco Garibaldi all'Um dove il Generale il 6 giugno del 62 in compagnia di molti de' suoi commilitoni si recò ad assistere alla levata del sole. Località dalle quali si contemplano tre Campi che ricordano tre vittorie delle falangi garibaldine: Murazzone - Laveno - Sesto.
Per ultimo la Trinità ed il Mulino del Buco (al ponte di Carpiano) luoghi sui quali la fantasia di antichi abitatori ha formato straordinarie leggende, tessendo la prima - a proposito della Trinità - su di un vagante fantasma che nottetempo s'aggirava per la montagna e la pianura, segnando, con un'unghia terribile che teneva nel dito mignolo, tutti coloro che dovevano nel termine di tre giorni essere colpiti dalla morte; la seconda, al Mulino del Buco, sulla relazione di uno spettro colla figlia del mugnaio la quale, avendo voluto ribellarsi a quell'affetto morì sotto le ruine del molino stesso fatto diroccare per volere dello spettro tradito. È vero peraltro che quel mulino si trovò un giorno diroccato e che una fanciulla di quindici anni, certa Mariona, morì sotto le ruine.
Chi questi appunti ha raccolti, fa caldi e fervidi voti perché Intra debba in avvenire non essere più cotanto dimenticata, ma possa - in compenso della parte attivissima che prende nel commercio della Nazione - avere alcuna di quelle comodità concesse con larga mano ad altri luoghi meno importanti.

E. BOLETTI

Vedi:     IL CENACOLO DI VIA DE BONIS ALLA ROSA BIANCA DI INTRA
Vedi:     STORIA DEI CASTELLI DI CANNERO (italiano, tedesco, inglese)

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